Perché la Fase 2 spaventa più della quarantena

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Se ritorniamo con la mente alla serata dell’8 marzo, ci troviamo nel momento in cui il Presidente del Consiglio Conte annunciava l’inizio della quarantena in Italia: è quando abbiamo avuto conferma che la situazione era seria.
Cosa abbiamo provato? Un misto di emozioni tra le quali preoccupazione, sbalordimento, incredulità. Sembrava di stare in un film o in una di quelle serie tv che ci hanno abituato ad un futuro inquietante per quanto verosimile.

Abbiamo cominciato a vedere le strade che si svuotavano, poche persone in giro con le mascherine, il traffico che scompariva. Siamo rimasti giorni e giorni in casa, senza uscire, chi con il conforto della compagnia di parenti, amici o conviventi, chi in solitudine.
C’è chi ha ordinato e pulito a fondo la casa, chi si è dato alla cucina, chi ha approfittato per studiare, guardare serie tv e film, rilassarsi.
C’è chi ha lavorato da casa, chi il lavoro l’ha perso e chi ha passato settimane chiedendosi se il proprio lavoro avrebbe atteso la fine della quarantena.
Abbiamo visto e vediamo ancora gente sui tetti che fa sport, con i bambini, che fa una semplice passeggiata sul terrazzo per evadere dalle mura della casa.
Siamo stati bombardati di notizie su quarantena, CoViD-19, coronavirus, vaccini, bollettini quotidiani di casi di contagio, morti e guariti.
C’è chi ha subito una perdita in famiglia senza avere la possibilità di poter dare un ultimo saluto.

Anche nelle grandi città abbiamo vissuto il silenzio delle strade, l’aquietarsi dei rumori, lo scomparire dell’inquinamento acustico e atmosferico, abbiamo potuto goderci la tranquillità senza il ruggire continuo delle auto che congestionano le nostre strade. Affacciarsi sulla strada ha significato godersi il garrito delle rondini, l’abbaiare lontano di qualche cane e, nel silenzio ancora più intenso della sera, abbiamo percepito la profondità della quiete.
La quiete non era solo in strada ma anche nelle nostre case: abbiamo vissuto ritmi più lenti e abbiamo potuto approfittare anche del tempo in più con le persone con cui abitiamo.

Non so da voi, ma già da lunedì sotto il mio balcone le cose sono cambiate. Anzi, sembrano tornare lentamente a come eran prima: in giro ci sono macchine come una domenica mattina qualsiasi, addirittura è ricomparsa l’odiosa doppia fila di auto parcheggiate. In poche parole, nemmeno tanto lentamente sta tornando l’onda della normalità e questo, per qualcuno, è minaccioso come uno tsunami in avvicinamento.

Perché se la quarantena prevedeva che rimanessimo in casa, relativamente al sicuro da tuto, la Fase 2 ci mette di fronte al fatto che prima o poi occorre uscire dal nostro porto sicuro, esporci a quello che prima ci hanno raccomandando di rifuggire, con l’obiettivo di tornare ad una “normalità”.

È questa l’ambivalenza della Fase 2: che tutto ritorni ESATTAMENTE com’era prima. Se da una parte la nostra vita di prima ci manca, dall’altra serpeggia il timore che i sacrifici affrontati siano stati solo subiti senza poter mostrarci un altro modo di vivere.

  • Gli animali che sono tornati nelle nostre città approfittando della quiete dell’essere umano verranno di nuovo ricacciati via.
  • Le vie abitate solo dalla voce umana e dai canti degli uccelli verranno di nuovo invase dall’inquinamento acustico e chimico dei mezzi privati.
  • Le persone che potrebbero anche ora fare home office alcuni giorni a settimana dovranno invece uscire ogni giorno, intasando i mezzi pubblici o prendendo la propria macchina inutilmente.
  • Torneremo a buttare il cibo invece che far attenzione a come non sprecarlo perché fare la spesa non è una cosa da dare per scontato.
  • Torneremo a comprare roba online da tutto il mondo non preoccupandoci se un pezzo di plastica deve attraversare l’oceano per arrivare da noi.

Insomma, la quarantena sarà solamente ricordo di disagio, difficoltà, sacrifici. La quarantena non sarà servita a nient’altro che arginare i contagi.

OPPURE…

Oppure, possiamo approfittare di quello che ci è servito. La quarantena è stato un modo per mettere la nostra vita in pausa e possiamo farlo noi stessi anche oggi, per 5 minuti. Usciamo dal fiume che è la nostra vita e lì, sull’argine, osserviamo. Sediamoci, prendiamo un foglio e rispondiamo a queste domande:

Quali di questi cambiamenti imposti hanno portato più benefici che svantaggi?
Quali cambiamenti ci hanno mostrato che c’è un modo diverso di fare le cose e che funziona?
Cos’è che possiamo continuare a fare anche in futuro?

Sappiamo che è difficile cambiare un’azienda se sei un operario. Ecco perché la responsabilità del cambiamento è prima di tutto nelle mani di chi è più in alto nella gerarchia ma anche nel numero di persone che vorrebbero quel cambiamento.

Allora che questa Fase 2 ci spaventi pure se questo spavento significa fermarsi, spalancare gli occhi, guardarci intorno, comprendere e cambiare qualcosa. Non tutto ma qualcosa sì, magari.

Foto di copertina di Alexandre Chambon e foto in chiusura di Andrew Ly su Unsplash.

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