È importante abituarsi a percepire la complessità e l’interdipendenza anche all’interno delle nostre vite. Siamo tutti immersi in un’intricata rete di relazioni, dove per relazioni si intende non solo la volontarietà ma anche l’ineluttabile necessità di inter-azione e inter-dipendenza tra me e te, noi e gli altri, umani e non umani, animali e piante, esseri viventi e non viventi. [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/4″][vc_single_image image=”8944″][/vc_column][vc_column width=”3/4″][vc_column_text]
Nora Bateson è una regista, scrittrice, educatrice e presidente dell’International Bateson Institute. E figlia di Gregory Bateson, scienziato parte del famoso gruppo di Palo Alto, sviluppatore della “teoria del doppio legame” ed uno dei pensatori più originali del secolo scorso. Questa famiglia porta avanti da più di cento anni studi sulla vita e gli esseri umani a dir poco rivoluzionari per le epoche in cui sono stati presentati. Uno dei punti chiave di queste teorie è proprio il concentrarsi sulle relazioni che esistono tra gli elementi di un sistema e tra vari sistemi, come possono esserlo i membri di una famiglia. L’approccio relazionale e sistemico si rivela un prezioso contributo alla valutazione di un eventuale disturbo che arriva all’attenzione degli specialisti della salute mentale.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Questo processo di assessment può essere fatto attraverso rigorose misurazioni e osservazioni del soggetto portatore del problema, in un’ottica meccanicistica e lineare per la quale risalire alla causa: DSM alla mano, quando è comparso il disturbo? da quanto tempo si presenta? con quale frequenza? quale intensità? Se 5 su 7 criteri elencati vengono soddisfatti, signora mia, Lei ha un disturbo di personalità protoschizonarcisistica.
Tuttavia, come detto all’inizio, niente e nessuno nasce isolato e questo aspetto, per essere approfondito, ci chiede di reimmergere il soggetto osservato nel suo contesto. Quindi come capire esattamente dove inizia e dove finisce un problema? Come si fa a isolare un problema nato in un mondo di relazioni con un contesto? Sono i dati statistici, le mere misurazioni sufficienti a delineare una questione che si dipana nel tempo e nello spazio relazionale?
Nora Bateson ci introduce il concetto di dati caldi (dall’inglese “warm data”), ovvero quelle informazioni transcontestuali sull’interrelazione che integra i sistemi complessi. In altre parole: i problemi complessi non sono suscettibili a soluzioni predeterminate e quindi estrapolare un soggetto dal contesto e studiarlo come se fosse congelato nel tempo sarebbe come mettere pausa ad un film, concentrarsi sullo stato di agitazione di Rose ed agire terapeuticamente su di esso. Quello che stiamo ignorando e, dunque, escludendo dall’equazione è il piccolo particolare che il Titanic sta affondando. Metafora un po’ estrema ma che, a mio avviso, rende bene l’idea.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]I dati statistici, i cold data (dall’inglese, dati freddi), sono relativamente facili da raccogliere, da interpretare e da utilizzare. I warm data, invece, non sono puntuali e schematici come i loro cugini: non si spiegano in grafici, hanno bisogno di tempo per essere raccolti, fanno tesoro delle incongruenze e della soggettività dell’osservatore. In realtà, i warm data non possono sostituire i cold data, i quali possono risultare molto utili, e viceversa: sono gli uni indispensabili compagni degli altri. Purtroppo solo raramente lo studio viene in seguito ricontestualizzato: al contrario, viene scartata la complessità della situazione sistemica e ciò potrebbe portare facilmente a piani di azione poco accurati se non sbagliati. Questo ci ricorda che è necessario mantenere “caldi” alcuni dei dati osservati, ovvero mantenere la loro rete di relazioni intatta.
I cold data sono il frutto di un ragionamento meccanicistico, sviluppato con la rivoluzione scientifica a partire dal XVI secolo e l’istituzione del metodo scientifico: ad un effetto corrisponde una causa. Grazie a questo ragionamento, siamo riusciti a creare manufatti tecnologici di enorme impatto nella nostra vita, come computer, smartphone, aerei e stazioni spaziali. L’osservazione scientifica di un fenomeno lo suddivide in quantità più piccole, trova la regola che ne permette la replicabilità ed è un prezioso alleato ma, applicato ai sistemi complessi come gli esseri viventi, è riduttivo, in quanto taglia via una indecifrabile quantità di dati utili. Anzi, più che utili: indispensabili.
Possiamo forse creare un manuale fatto solo di dati statistici su come essere genitori? Un saggio sullo sviluppo di una cultura fatto di percentuali? E la creazione di una corrente artistica?
E’ evidente che la ricerca dei dati oggettivi non può essere l’unica via e sicuramente non lo è per tutti i fenomeni, inclusi quelli psicologici e dei sistemi di esseri viventi. E qui arriviamo ad un altro punto, quello dell’osservatore che fa la ricerca: parlare di fatti osservati spesso non comunica a sufficienza. “I fatti secondo chi?“, chiede Nora, “Attraverso quali lenti culturali e metodologiche?”.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/4″][vc_single_image image=”8946″][/vc_column][vc_column width=”3/4″][vc_column_text]Chiede Bateson “A cosa serve una mano?“. Quella del violinista sa piegarsi per sostenere una nota. Quella dello scultore sa applicare diverse pressioni per differenti materiali. Quella di chi usa il linguaggio dei segni è in una dinamica successione di posizioni. I vari contesti nei quali osserviamo una mano ci regalano dati relazionali da esplorare piuttosto che da rigettare solo perché portano tratti di ambiguità, contraddizione e inconoscibilità.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Inoltre, occorre osservare l’interazione di più sistemi tra loro. Secondo Nora Bateson, non possiamo studiare l’impatto del cibo sulla nostra salute semplicemente andando a contare le calorie. Occorre fare uno studio su ecologia, cultura, agricoltura, economica, comunicazione, ecc. Sarebbe come prescrivere semplicemente di comprare solo insalata nei nostri supermercati stracolmi di merendine e bibite zuccherate, tralasciando i metodi di coltivazione e uso dei pesticidi, i problemi economici che spesso sono alla base di un’alimentazione inadeguata e non ottimale.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_separator][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Quali sono le modalità di raccolta dei warm data?
Nora Bateson indicate due espressioni che ci vengono in aiuto:
Interazione transcontestuale – i sistemi complessi sono formati non da contesti singoli ma contesti multipli sovrapposti in comunicazione
Simmatesi – significa apprendimento reciproco, ovvero come si sviluppa l’interdipendenza simmetrica.
È come guardare un bosco: come facciamo a concepire davvero il funzionamento di una pianta qualsiasi se la vediamo nel suo contesto più ampio? La foresta è formata da sistemi multipli in interazione costituiti da flora, fauna, rocce, terreno, l’intervento umano, ecc. Inoltre, dobbiamo sempre ricordare che suddividere una pianta dal resto del bosco è un’operazione che facciamo noi per semplificare la nostra osservazione: occorre sempre tenere il presupposto che non esiste una vera e reale divisione ma che, di volta in volta, possiamo mettere noi dei confini (punteggiatura) per esigenze conoscitive. Il rischio, altrimenti, è che la semplificazione diventi riduzionismo e ci inventiamo una netta divisione lì dove una divisione non esiste.
Questo enorme processo di raccolta dati non può e non deve risiedere sulle spalle di un solo osservatore, anzi: più osservatori applicheranno il loro specifico e individuale set di lenti.
Nora Bateson evidenzia sei caratteristiche dei dati caldi:
- Descrizione multipla – Le informazioni che cerchiamo non sono localizzate in un unico punto ma diffuse nei contesti, nelle relazioni tra i sistemi e nei confini tra essi. Questa “diffusione” dei dati riesce a coprire molto più spazio di ricerca includendo le analogie, le differenze, i confronti e le percezioni relazionali.
- Cercare schemi – Lo si fa confrontando i risultati dell’osservazione di un contesto con quelli di un altro per generale delle informazioni ibride.
- Paradosso, inconsistenza e tempo – I sistemi complessi devono essere osservati includendo la variabile “tempo”, la quale evidenzierà le differenze derivanti dal cambiamento. Proprio questi dati che di solito vengono messi da parte sono i warm data.
- Olismo e riduzionismo – Dobbiamo avere la capacità di fare uno zoom sul dettaglio e allargare la visuale sul contesto. Isolare un aspetto dal contesto è lineare e riduttivo.
- Responsabilità epistemologica culturale – Grazie ad un’ampia quantità e qualità di punti di vista (osservatori), possiamo coprire più aspetti di un fenomeno includendo contemporaneamente più culture e generazioni.
- Estetica/umore/ritmo – L’opposto dell’estetica è l’anestetica, ovvero l’ottundimento della sensibilità in favore di una razionalità sopravvalutata. Ma proprio questa sensibilità deve essere utilizzata per poter valutare le informazioni relazionali dei sistemi (parlerò dell’estetica in un prossimo post).
Infine, Nora Bateson parla della soluzione di crisi e problemi (incluse le difficoltà e i disturbi psicologici) con la metafora dell’Idra. Era questa un mostro dotato di nove teste: non bastava mozzare queste teste in quanto, ogni volta che gliene veniva tagliata una, ne ricrescevano due. La risposta a problemi sistemici deve necessariamente essere sistemica, a partire da una ricerca delle informazioni che faccia affidamento ai warm data.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_separator border_width=”2″][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Fonti:
Warm Data. Contextual Research and New forms of Information
Digging into Warm Data, The Warm Data Lab, and Certified Training.
Nora e Gregory Bateson, Monet e un nuovo modo di fare psicologia
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