VIRUS
Una parola che, per le ultimissime generazioni occidentali, identificava soprattutto un problema dei propri computer, portatili e smartphone. Qualcosa che si tiene facilmente sotto controllo con un buon antivirus, di quelli anche gratuiti.
All’improvviso, da un paio di mesi, la parola virus ha cominciato a riprendersi il suo significato originale, quello che finora molti di noi avevano avuto il lusso di ignorare: un microscopico essere che ha bisogno di annidarsi in un altro organismo per riprodursi. Se alcuni sviluppano immunità, altri invece si ammalano con complicazioni dovute all’infezione.
Nel giorni scorsi abbiamo assistito ad episodi spregevoli di violenza verbale e fisica contro persone accusate di essere portatori del nuovo coronavirus, SARS-CoV-2, e la malattia che provoca, COVID-19. I responsabili di questi atti criminali si sono basati solamente sull’apparenza delle vittime: etnia asiatica. Questo perché il contagio sembra sia partito dalla Cina.
Ora il SARS-CoV-2 si è propagato, arrivando in Italia ma il virus della superficialità l’ha battuto sul tempo. Infatti a Londra un tassista ha rifiutato due clienti italiani. Una specie di contrappasso.
Quello che viene più volte ripetuto ora è che il virus non conosce confini. In realtà, questi confini li conosciamo solo noi. Li abbiamo immaginati noi esseri umani, abbiamo ucciso per definirli e difenderli, continuiamo a usarli come barriere per dire chi è dentro e chi fuori, chi è il “noi” e chi il “loro”. Persino i confini naturali, che in parte definiscono quelli politici, sono illusori: le terre emerse appaiono tali solo per l’attuale livello del mare e, ora che si sta innalzando, le forme delle nazioni stanno lentamente cambiando. Di cosa stiamo parlando, quindi?
Stiamo parlando del fatto che il SARS-CoV-2 ci sta rimettendo in riga: siamo solo animali, forme di vita ancorate ad un pianeta, non siamo eterni, non abbiamo un diritto speciale alla vita. Il nostro cervello si è evoluto per pensare in simboli e astrazioni e quindi ci piace vederci in maniera diversa dagli altri animali ma, se abbiamo paura, fuggiamo come gli altri animali, come accaduto a Milano sabato scorso. Come accade ai profughi che fuggono da una zona di guerra, fame e povertà.
La paura è democratica. Il virus è democratico.
Ma proprio in questo momento occorre far funzionare questo cervello particolare che noi esseri umani abbiamo. Infatti, lo stesso cervello che immagina confini di Paesi sa crearsi l’immagine di una grande comunità di miliardi di individui. Nessun altro animale del pianeta Terra sa farlo e, con l’aiuto dei social, l’aspetto globalizzante è accentuato. Proprio questo è il momento di ricordarci che il nostro comportamento può letteralmente significare la vita o la morte di un altro. Questo virus sta uccidendo molti esseri umani ma la situazione ci sta dando l’opportunità di fermarci (letteralmente), pensare ed agire.
Per molti non è così: presi dal panico, fuggiamo di città in città, facciamo incetta di prodotti al supermercato, bypassando le regole che ci sono state consigliate.
Ma, di nuovo, fermiamoci a pensare. Non è un’emergenza in cui, se non agiamo d’istinto, potremmo morire, come nel caso di trascinarci fuori da un’auto in fiamme. Qui è l’esatto contrario: riconosciamo l’istinto, guardiamolo in faccia, parliamoci, capiamolo e poi comportiamoci razionalmente.
Questo tempo obbligato in cui molti di noi devono stare in casa, senza scambi sociali reali, è un’opportunità. Cogliamola perché questo virus sia qualcosa di più che un temporaneo portatore di morte, disagio e malattia. Questa situazione è una preziosa occasione.