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La settimana scorsa parlavamo dell’importanza del numero 24 per quanto riguarda il sonno, in quanto queste sono le ore che il nostro pianeta impiega per girare intorno a sé stesso e dunque alternare il giorno alla notte. Precisamente: 23 ore, 56 minuti, 4 secondi. Proprio questa cifra ci porta ad un altro interessantissimo (e in parte controverso) argomento: quello del ritmo circadiano. Stiamo parlando di una sorta di orologio biologico che gli esseri viventi avrebbero, un adattamento alla vita su questo pianeta.
Secondo ricerche effettuate nell’università di Harvard, la durata media del ritmo circadiano umano è di 24h15m. Nei soggetti con sindrome da ciclo sonno-veglia alterato la durata è anche più lunga, quasi mai più corta.
Ebbene, il nostro ritmo circadiano viene costantemente aggiustato grazie agli stimoli ambientali, in primo luogo la luce, che con la sua mancanza sollecita la produzione di melatonina, un ormone prodotto dalla ghiandola pineale che prodotto nelle giuste quantità agevola il ritmo sonno-veglia.
Alcune ricerche dimostrano come la luce blu e verde aiutino a mantenerci svegli e vigili, mentre possono disturbare il processo di addormentamento se vi siamo esposti nelle ore immediatamente precedenti il sonno. Al contrario, luci di colori caldi (giallo, arancione, rosso) sono le più indicate nelle ore serali. Questo deriva sicuramente da atavici condizionamenti ambientali, con il colore del cielo e quello della vegetazione a essere i predominanti durante le ore di luce, al contrario del colore caldo del fuoco, l’unico possibile durante la notte.
Per addormentarsi più facilmente, è quindi meglio evitare l’uso di computer ed altri schermi prima di andare a letto, preferendo una luce calda ad illuminare un buon libro che ci accompagni tra le braccia di Morfeo.L’importanza della luce è dimostrata anche dalla ricerca su persone cieche, il cui ritmo era fuori fase, con effetti collaterali quali insonnia e sonnolenza diurna. Nelle persone con cecità totale, la prevalenza della sindrome da ciclo sonno-veglia alterato va dal 50 al 75%. Nella popolazione in generale, ha una prevalenza di 1 persona su 2.000: stiamo parlando quindi di un disturbo raro, anche se potrebbe essere corretto per difetto in quanto molte persone con questo disturbo non lo comunicano al proprio medico.