Siamo sempre stati parte del tutto

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Qual è, in fondo, la vera differenza tra piantare patate in un campo e raccogliere nettare da un fiore?

Con questa intrigante domanda, il giornalista e scrittore Michael Pollan ci invita a cambiare prospettiva. A guardare il mondo dal punto di vista delle piante.

Quando coltiviamo qualcosa da mangiare, siamo portati a pensare di avere il controllo della situazione. Crediamo di usare, in modo del tutto consapevole e intenzionale, un seme o un tubero per il nostro beneficio.
Allo stesso modo, l’ape pensa di scegliere l’albero o il fiore che preferisce per nutrirsi.

Eppure, sia l’essere umano che l’ape stanno diffondendo i geni di una determinata pianta.
Stanno cioè partecipando – senza rendersene conto – al grande gioco dell’evoluzione vegetale.
Un gioco in cui alcune specie hanno trovato un modo straordinario per sopravvivere: servirsi di altri esseri viventi come veicolo per la propria riproduzione.

Il fatto che noi possiamo osservare l’ape – magari con un pizzico di superiorità – non ci rende davvero superiori.
L’albero vive grazie ai suoi fiori, che seducono le api.
La patata continua a esistere perché è ricca di nutrienti e facile da coltivare, quindi utile all’uomo.
Il punto è che tutti noi stiamo collaborando, anche senza accorgercene.
Non esiste un momento preciso in cui l’uomo entra consapevolmente in questo ciclo: ne fa parte da sempre.
Siamo vivi, oggi, in questo istante della storia del pianeta, perché abbiamo viaggiato – e continuiamo a viaggiare – insieme a tutte le altre forme di vita, compagni di strada, in un’avventura comune.

Ed è proprio in questa ottica che dovremmo cominciare a prenderci cura degli altri giocatori della nostra squadra, invece di sfruttarli.
Questo, in sintesi, è il messaggio di Michael Pollan, in una conferenza chiara e affascinante, che ci aiuta a riscoprire il nostro posto nel mondo.


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